Neuroscienze della creatività:

riconoscere bias,

allenare talenti

 

 

Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa di nuovo? Quali emozioni provi se ripensi a quel momento? E, soprattutto, qual è il messaggio che ti sta dando?

Innanzitutto, una piccola premessa: spogliare il concetto di creatività dalla connotazione artistica, ci permette di considerarla non più appannaggio di pochi individui ma piuttosto come una competenza di tutt*. Questo nuovo significato concede la possibilità a chiunque di essere creativi nel tentativo di inventare una soluzione nuova a problemi emergenti. Pertanto, la creatività è una competenza allenabile e le emozioni ne sono strettamente legate.

Ma cosa c’entrano le emozioni?

Se la necessità di creare qualcosa di nuovo è mossa da un nostro bisogno, quest’ultimo è significativamente legato alle nostre emozioni. Sono le emozioni che, se espresse con un’alta intensità ci consegnano l’energia per risolvere problemi e generare cambiamenti. Spesso possono essere emozioni piacevoli, come la gioia o l’entusiasmo ma, talvolta, anche quelle spiacevoli possono darci la forza di affrontare una nuova situazione. Se la nostra mente riesce ad accogliere al meglio le informazioni che ci stanno consegnando le nostre emozioni, esse diventano pura forza generatrice.

In tal senso, la creatività è sinonimo di versatilità, spontaneità e improvvisazione. Esattamente come in una band di musica jazz, ogni musicista è un esperto che accomuna la propria competenza a quelle di altre persone: in questa armonia, le proprie individualità creano un insieme nuovo comunicando un proprio bisogno. Di conseguenza, oltre al talento individuale e alla creatività collettiva, ciò che maggiormente ci interessa sono le condizioni che riescono a incentivare la creatività di ognuno: per farlo, l’Intelligenza Emotiva è uno strumento chiave.

Come si fa a riprodurre questa possibilità?

Il modello Six Seconds prevede tre componenti fondamentali per creare le condizioni affinché l’improvvisazione generi soluzioni creative:

  • Linguaggio. Ogni componente deve conoscere lo stesso codice, le stesse regole che definiscono il contesto.
  • Ritmo. La modalità di esprimersi di ognuno deve avere la stessa frequenza del resto del gruppo.
  • Armonia. La variazione di ogni singolo componente deve allinearsi alle altre generando sintonia.

Sviluppati questi tre elementi, se li facciamo circolare, essi ci permettono di agire come individui in una sequenza di comportamenti ben definiti, sistematici e armonici. E, per superare i nostri bias (ovvero gli ostacoli cognitivi che talvolta creano distorsioni nell’interpretazione della realtà), il pensiero creativo deve essere in grado di connettersi con le regioni della nostra mente tipicamente differenti. In funzione di ciò, il Brain Style ci consegna la modalità in cui le aree della percezione, della valutazione e dell’azione si combinano tra loro: ciò di cui abbiamo bisogno è di una creatività che dia valore in un determinato contesto attraverso la collaborazione e la divergenza, trovando il modo di appianare i propri bias e incentivare i talenti di ognuno. L’idea è quella di generare specifiche condizioni che possano coltivare le singole individualità unendole in funzione di qualcosa di più ampio.

In conclusione, improvvisazione non è pura casualità ma si tratta di rispondere a una situazione che parte da una specifica preparazione. Ovvero la possibilità di vedere qualcosa che ancora non c’è, di immaginare possibili soluzioni contaminando i nostri talenti con altre esperienze e lasciandoci trasportare dall’armonia del gruppo. Perché la creatività è contagiosa.

Il presente contributo è tratto dal webinar di Liliana Selva, EQ Professional Manager e Master Trainer di Six Seconds Italia.