Imparare come impariamo

Intervista con la Neuroscienziata Mary-Helen Immordino-Yang

A livello neurologico, come impara realmente il nostro cervello e qual è il ruolo delle emozioni? Quali sono le implicazioni per l’istruzione e la formazione? Membri delle community di Six Seconds di tutto il mondo hanno identificato alcune domande chiave che Joshua Freedman ha posto alla Dr.ssa Mary-Helen Immordino-Yang. Le domande ruotano intorno a questi quattro temi:

1. Attivare il cervello per apprendere. 

2. Stimolare la cuorisità. 

3. Creare uno stato ottimale per l’apprendimento.

4. Mantenere la concentrazione sulla visione a lungo termine.

1. Agli studenti deve importare di quello che stanno imparando?

 

Si è fatto molto per creare, all’interno delle classi scolastiche di tutto il mondo, un “ambiente ideale all’apprendimento”. E nella mente dello studente? In un articolo del NYT Mary-Helen Immordino-Yang discute delle condizioni biologiche necessarie all’apprendimento. La dottoressa ha dichiarato “è letteralmente impossibile, a livello neurobiologico, riflettere approfonditamente su una cosa di cui non ci importa.” In un’intervista con Joshua Freedman, CEO di Six Seconds, affronta queste scoperte.

Josh: Mary Helen, in un’intervista al New York Times hai dichiarato “è letteralmente impossibile, a livello neurobiologico, riflettere approfonditamente su una cosa di cui non ci importa.” Quali sono quindi le implicazioni per gli educatori?

Mary Helen: Credo che le implicazioni siano notevoli. Facciamo un passo indietro: questa caratteristica della nostra biologia ha perfettamente senso. Perché sprecare tempo, energie, sforzi e risorse neurologiche per pensare a cose casuali che non hanno alcuna attinenza con cose importanti?

Ciò ha importanti implicazioni, ad esempio, nel modo in cui progettiamo la valutazione dell’apprendimento. I test, le verifiche, le interrogazioni esistono proprio per venire a patti con questo problema di attenzione. Se non ci fossero i test non ci sarebbe nessuna ragione intrinseca per cui a una persona dovrebbe importare di diversi argomenti, no?

Josh: Quindi, in altre parole, è il motivo per cui diciamo ai nostri figli “Ti dovrebbe importare di questo argomento perchè sarà nel compito in classe.”

Mary Helen: Esatto.

Josh: Ma i test non sono motivanti appunto perché sono importanti?

Mary Helen: Beh, no. Attiviamo il cervello per imparare, ma in un modo molto superficiale. Bisogna provare un’emozione per riflettere bene su qualcosa. Perciò, se non c’è un interesse intrinseco nella materia, nessuna ragione per cui quel ragazzino debba cercare informazioni per conto suo, ricorriamo a cose come “Beh, sarà nella verifica.” Un modo per inserire l’emozione dall’esterno. Dire “Beh, non c’è alcun motivo per cui questo è interessante, perciò dobbiamo renderlo importante in qualche modo. Useremo quindi uno standard esterno per misurare il tuo successo.”

Josh: [Ride] Quindi, in un certo senso, stiamo dicendo a chi deve imparare “abbiate paura.”

Mary Helen: Sì, esatto. Abbiate paura e fate qualcosa perchè non ho altro modo per motivarvi, praticamente. È una scappatoia per il sistema educativo.

Josh: Ma, la paura non è motivante?

Mary Helen: Certo, in piccole dosi sì. Ma ci affidiamo alla paura troppo spesso. La paura è motivante ma, come ogni emozione, ha un pattern cognitivo caratteristico che è parte dell’emozione stessa.

Quando hai paura, cambiano i tuoi schemi di pensiero e la tua memoria. Avere paura significa salvarti o combattere, giusto? Così, stai costruendo la natura della conoscenza in ogni constesto accademico perchè sia organizzato attorno a strategie di fuga e di combattimento.

E non favoriscono un profondo coinvolgimento delle idee e i propri interessi intrinseci. La paura e la curiosità attivano la memoria in termini completamente opposti. Quando sei curioso sei aperto, al sicuro, ti trovi in una sorta di luogo intellettualmente ludico in cui si stanno esplorando delle possibilità.

Quando hai paura ti concentri su una strategia di fuga efficace, come per esempio “Voglio andarmene, se memorizzo questo poi ho finito? Ok, lo faccio.” In questo modo, si compromette direttamente lo sviluppo di interesse e curiosità e l’apprendimento a lungo termine.

Josh: Quindi, se un obiettivo dell’apprendimento è trovare un significato, dobbiamo trovare “agganci” emozionali più efficaci per stimolare la curiosità.

Mary Helen: Esatto.

2. E la curiosità? È un problema per il cervello?

La curiosità è uno stato di eccitazione del cervello che mette in gioco processi complessi collegati tra loro. Mary-Helen Immordino-Yang discute lo stato neurologico della curiosità per l’apprendimento. Le sue ricerche innovative sulla curiosità saranno fonte di ispirazione per gli educatori di tutto il mondo.

Josh: Qual è il ruolo neuorologico della curiosità?

Mary Helen: Cosa succede quando siamo curiosi? Sappiamo abbastanza di una cosa ma non di un’altra. Quando sei curioso stai esplorando un’idea, ed è quella esplorazione a guidarti. Ti motiva e ti spinge a seguire le cose che noti. Quindi, pensa alla soggettività e alle abilità intrinseche del processo. Devi sapere cosa vale la pena notare e cosa no. Stai quindi sviluppando una sorta di istinto intellettuale.  

Questo è un processo intrinsecamente articolato, implicito ed emotivo. “Riconosco che questa cosa è importante e potenzialmente utile. Ma in realtà non la capisco a pieno.” Pensa a tutti i processi metacognitivi che questi passaggi comportano. Queste valutazioni sono basate sull’esperienza, e si collegano alla motivazione e all’engagement. 

Molte delle nostre pratiche educative tradizionali minano direttamente lo sviluppo della propensione di una persona verso uno stato mentale curioso. Uno stato curioso è quello in cui esplori e noti cose nuove, e segui ciò che noti… e provi a giocarci… e ti chiedi se effettivamente lo capisci e lo apprezzi… Poi, torni al punto iniziale e esamini nuovamente ciò che pensavi di sapere, potenzialmente con una nuova capacità di collegarlo a qualcos’altro.

Focalizzarsi troppo sulla valutazione esterna o sul prodotto può ridurre la curiosità. Ma esistono buone strategie pedagogiche conosciute per aumentare la curiosità e il processo di pensiero che la supporta. Un esempio è l’apprendimento basato su progetti ben congegnati.

Detto questo, molto spesso un bambino non è interessato ad un argomento perché non ha sufficiente conoscenza o esperienza in quell’ambito per sviluppare il senso di curiosità. In questi casi, il compito dell’esperienza educativa è quello di esporli alla sua rilevanza. Insegnare in modo che si capisca che gli argomenti sono importanti, poi i bambini possono sviluppare e promuovere un senso di curiosità in quel settore.

3. Possiamo creare un “contesto ottimale di apprendimento” per il cervello? Esiste?

Gli educatori che vogliono affinare il loro metodo potrebbero pensare che sia possibile creare un ambiente ottimale per l’apprendimento basato sul cervello. La dott.ssa Immordino-Yang ci invita invece a concentrarci sugli obiettivi di apprendimento che stiamo cercando di perseguire. Che tipo di abilità vogliamo che gli studenti apprendano? Questo influenzerà il tipo di ambiente di insegnamento che dovremmo creare.

Josh: Sono appena stato in Cina e una delle maggiori difficoltà è stata che nella metoloIogia Six Seconds ci concentriamo sul fatto che l’insegnante non è quello con le risposte, ma nella cultura cinese un insegnante senza risposte non è un bravo insegnante. 

Mary Helen: Davvero?

Josh: Sì. Doveva esserci qualcosa di sbagliato in me, visto che non avevo le risposte. Anche se avevo detto agli studenti “In questa lezione non vi darò risposte” la cosa li ha messi a disagio. E, ovviamente, il disagio ha dei benefici e degli svantaggi in un prospettiva di apprendimento. Perciò mi chiedo: quanto è necessario andare di pari passo con le norme culturali, anche se in qualche modo queste norme culturali non sono allineate con il modo in cui il cervello impara meglio?

Mary Helen: È davvero un’ottima domanda, molto profonda. Metterò in discussione un paio di presupposti che sono insiti nella domanda, ok?

Josh: Okay.

Mary Helen: La prima cosa che mi viene da dire è che lo stile di apprendimento per cui l’insegnante ha tutte le risposte e lo studente deve cercare di indovinarle non è il modo in cui il cervello impara meglio. È un tipo di apprendimento, dobbiamo apprezzare il fatto che “l’imparare” è un argomento molto vario.

L’apprendimento è praticamente il modo in cui una persona organizza il suo modo di pensare nel corso del tempo. È la costruzione di risorse che bisogna essere in grado di sfruttare per dare un senso a ciò che sta succedendo, fare previsioni e risolvere problemi. 

Quindi, è davvero un giudizio di valore. Dipende per cosa si sta educando. Qual è lo scopo del tuo intervento educativo?

Josh: In altre parole, dipende da cosa una persona intende per “apprendimento”?

Mary Helen: Esatto. Cosa intendi per “apprendimento”, e quindi, che tipo di studenti vuoi costruire? 

Se stai cercando di costruire studenti in grado di processare le informazioni in modo eccellente ed efficiente, allora quello che hai descritto come la norma cinese potrebbe essere un modo molto efficiente ed efficace per farlo.

D’altro canto, se stai cercando di istruire per far diventare gli studenti dei cittadini responsabili che, per esempio, si adopereranno per risolvere i problemi delle loro comunità… o stai cercando di insegnare per sviluppare innovazione a livello metodologico e accademico cosicché gli studenti siano disponibili a porgere domande scomode e poi cercare di trovare una risposta… allora è necessario che gli studenti apprezzino la vastità di alcune problematiche si sentano a proprio agio nell’affrontare tale incertezza in modo produttivo. In questi casi, il modello “l’insegnante ha tutto le risposte” non è un modo efficace di insegnare. 

E infatti, in Cina stanno avendo molti problemi perchè gli studenti sono eccellenti a livello accademico ma non sono innovativi o creativi. È una questione di equilibrio, c’è bisogno di un po’ di entrambe le cose. Non si può andare in giro spinti solo dalla propria curiosità senza una strategia, dei limiti o una struttura, giusto?

Questo è il mio interesse come persona con un background culturale internazionale, ma penso che abbiamo bisogno di studenti che siano in grado di prendere coscienza dei propri pregiudizi nel processo di apprendimento e di monitorarli. Ci sono momenti in cui è davvero necessario imparare ad eseguire in modo efficiente alcuni tipi di calcoli. Ci sono momenti in cui è necessario essere in grado di fermarsi e dire: “Aspetta. Qual è l’implicazione etica del mio calcolo di questa cosa?”. O di capire come costruire una bomba nucleare? Abbiamo bisogno di studenti che possano chiedersi: “C’è qualcos’altro a cui dovrei pensare oltre alla fisica?”

Competenze come saper calcolare il ROTE possono diventare dei concetti fondamentali che è necessario essere in grado di applicare in seguito a problemi più ampi nel mondo.

Se ci si concentra troppo sull’acquisizione di concetti fondamentali i ragazzi non sapranno come applicarli nel mondo reale. Se ci si concentra troppo sul mondo reale i ragazzi saranno capaci di riconoscere i problemi ma non avranno le competenze per risolverli. Mi ripeto, c’è bisogno di entrambi. Abbiamo bisogno di studenti che siano in grado di orientarsi in modo attivo, strategico, adattivo a seconda del luogo in cui si trovano, a seconda del contesto e delle esigenze di quel contesto.

Se applicano determinate competenze, sono capaci di fare un passo indietro e notare quando ci sono implicazioni etiche o sono necessarie delle innovazioni? Sono in gradi di diventare curiosi di sapere come perseguirle? Poi, una volta che diventano curiosi su qualcosa, e si rendono conto che si tratta di qualcosa di veramente interessante e importante, possono concentrarsi per applicare le competenze di base già apprese?

Idealmente gli studenti sviluppano una capacità di impegnarsi flessibile e adattabile. Questo significa anche che, intrinsecamente, ci sarà variabilità individuale e culturale in ciò che è considerato importante. Ciò che le persone noteranno meritevole di attenzione e innovazione, o quali sono le implicazioni etiche per certi tipi di problemi, sarà direttamente influenzato dalla cultura di appartenenza e dal valore che gli viene attribuito. 

Quindi ciò che si vuole sono studenti che possano usare le loro conoscenze e le loro abilità per dimostrare ed esaminare i propri valori, le proprie supposizioni, il proprio mondo. E di utilizzare le proprie competenze di base per innovare, apportare cambiamenti e risolvere i problemi quando ritengono che questi problemi richiedono una soluzione.

Josh: Quindi, probabilmente uno dei punti chiave è, come educatori, come genitori, impegnarci in prima persona in questo tipo di elasticità. 

Mary Helen: Assolutamente. L’insegnante è una persona altamente qualificata nel settore in cui gli studenti stanno imparando. Ma non è necessariamente proprietario delle risposte. L’insegnante è lì come una sorta di facilitatore per aiutare gli studenti a trovare le risposte.

Questo è un lavoro che richiede un sacco di competenze perché significa fornire informazioni quando lo studente ne ha bisogno. Non ci si aspetta che reinventino necessariamente la matematica. Quindi, devi dire: “Ah, sai cosa devi sapere per affrontare questo problema? Lascia che ti insegni un po’ di formule che ti aiuteranno”. E poi si torna ad analizzare il problema.

4. Perché gli educatori hanno bisogno di una visione per il futuro?  Qual è il loro vero ruolo nell’apprendimento degli studenti?

Pensare al di fuori dei contenuti – fatti, tecniche, abilità e competenze: gli insegnanti devono essere concentrati sul tipo di persone che vogliono che gli studenti diventino. La loro intenzione e la loro direzione influenzeranno non solo il clima della classe, ma l’effettivo sviluppo neurobiologico dei loro studenti.  Gli insegnanti hanno il potenziale per influenzare i futuri cittadini, dipendenti, leader e pensatori che questi studenti diventeranno.

Josh: Qual è il tuo consiglio per noi che insegniamo agli insegnanti….. e alle persone che insegnano nel settore aziendale…. e che insegnano ai coach…. e insegnano ai genitori? Dove dobbiamo concentrarci per aiutare gli educatori a realizzare la visione di apprendimento che hai descritto in precedenza?

Mary Helen: Credo che sia necessario che gli educatori abbiano un’idea chiara di qual è il loro obiettivo, di cosa vogliono che i loro studenti siano in grado di fare. E questo non vuol dire solo abilità che possono mettere in mostra a comando. Ma vuol dire che tipo di persona vuoi aiutare i tuoi studenti a diventare? Che tipo di pensatore?

Quando si ha una visione molto chiara di come appare il pensiero e il comportamento di alto livello, allora si può fare una sorta di passo indietro e “segnalare sentieri diversi per scalare la montagna”. Coinvolgerete gli studenti e li sosterrete fornendo e orchestrando opportunità di costruire per loro stessi le competenze e le esperienze che li faranno progredire verso questo obiettivo. 

Sei molto chiaro su quale sia l’obiettivo. Sei meno rigoroso su quali sono i percorsi per arrivarci. Alcuni bambini scaleranno la scogliera, altri prenderanno la strada del fuoco che è lenta e lunga e si snoda attraverso il paesaggio. E alcuni bambini saliranno a piedi, capisci cosa intendo?

Josh: Vorrei soffermarmi un attimo su questa cosa della visione. Molte volte quando le persone si trovano in questo spazio di apprendimento, pensando all’obiettivo finale sono un po’ bloccati nel breve termine, il punteggio del test. Recentemente ho incontrato un gruppo di direttori scolastici in Giappone, e ho detto loro: “Se avete ottenuto grandi risultati con i vostri studenti, cosa gli succederà tra 30 anni?”

Nell’educazione, quel tipo di pensiero potrebbe essere qualcosa di cui si discute davanti a una birra….. ma forse non è una parte formale di ciò che significa essere un educatore.

Mary Helen: Dovrebbe essere una parte formale di ciò che significa essere un educatore. Credo tu abbia toccato un argomento importante. Dobbiamo seriamente iniziare a pensare – viviamo in un mondo che cambia. L’istruzione è un’istituzione al servizio dei nostri cittadini per facilitarli e sostenerli nel diventare membri produttivi della società.

Mentre la società cambia, l’istruzione deve muoversi con essa ed essere un sostegno verso un nuovo tipo di mondo. Verso l’avanzamento delle persone verso un nuovo tipo di cittadinanza, un nuovo tipo di connessione globale, un nuovo tipo di produttività. E dobbiamo pensare a quali sono gli obiettivi dell’educazione in modo da sostenere quell’obiettivo.

In che tipo di persone volete che questi studenti si evolvano? Come li sosterrete in questo? È un argomento che deve essere sempre presente nella conversazione, in modo che lo sviluppo delle competenze sia al servizio di un particolare tipo di studente impegnato nel tempo. Ma molti insegnanti sono così sopraffatti dalle poche risorse e dal poco supporto che sono davvero ristretti e concentrati sull’obiettivo a breve termine.

Naturalmente bisogna sostenere lo sviluppo di obiettivi a breve termine. Un bambino deve imparare le addizioni in prima elementare. Ma l’apprendimento di questa capacità non riguarda solo il saper fare le addizioni, è sapere come pensare e manipolare le cose mentalmente in un modo che sia appropriato per un bambino di quell’età. E in un modo che li metta in grado di pensare in modo creativo e impegnato.

Josh: In un certo senso quello che stai dicendo è che il tipo di conversazione che vuoi che gli insegnanti abbiano con gli studenti sul meaning – making è la stessa conversazione che dobbiamo avere tra gli educatori.

Mary Helen: Forse sono a un diverso livello di sviluppo, e il contenuto che stanno cercando di padroneggiare è diverso. Ma adulti e bambini sono entrambi studenti. In realtà, l’apprendimento è co-costruito tra loro. Non è una proprietà dell’insegnante o dello studente. È una proprietà del contesto culturale dinamico che co-costruiscono.