Paura del Cambiamento

Comprendere e usare la paura a supporto del cambiamento

Una delle emozioni più importanti che governano il processo di cambiamento è la paura. Questa parola ha una connotazione così negativa che molte persone hanno paura di parlarne. Potremmo dire “preoccupazione” o “dubbio” o “fattori di rischio non affrontati”, sono tutte varianti della paura. In questo 2020, milioni di persone sono alle prese con l’incertezza (un’altra variante ancora della paura), stiamo imparando a viverci e ad attraversarla.

Nonostante si pensi alla paura come ad una sorta di debolezza irrazionale, in realtà si tratta di una espressione di forza, connessa al nostro istinto naturale di protezione. Esplorando questa emozione intensa, emerge che riconoscere e comprendere la paura è uno dei modi più potenti di promozione del cambiamento.

Perché la paura fa parte del cambiamento?

Immagina moltissimi anni fa, due ragazzi mentre vagano nella giungla in cerca di cibo (usando un grosso bastone per colpire). Uno dei due dice: “Andiamo in quella zona della giungla dove non va nessuno, cacceremo meglio.” L’altro ragazzo risponde: “Sei assolutamente pazzo. E’ troppo pericoloso – ho sentito che laggiù c’era un dinosauro GIGANTE.”

La cosa affascinante è che entrambi potrebbero avere ragione. Un suggerimento dalla neuroscienza: i nostri cervelli sono programmati per ascoltare entrambe le argomentazioni.

Tuttavia, per sopravvivere in tutti questi anni, il cervello umano ha appreso che la tesi “stiamo attenti” del secondo ragazzo è più importante. Per aiutarci a sopravvivere, il nostro cervello resisterà all’idea “assumersi un rischio” effettuando una valutazione: si chiama paura.

Il grosso tema del cambiamento non è il cambiamento in sé, ma il fatto che nessuno sa cosa succederà dopo. Il cambiamento è sostanzialmente passare dal noto all’ignoto. Si va in quella zona della giungla dove potrebbero esserci opportunità …e potrebbero esserci dinosauri.

La paura è negativa?

È facile vedere la paura come “cattiva”, ci fa stare male e ci impedisce di fare… quindi deve essere per forza “un male”, giusto? Una visione più utile è che la paura, come tutte le emozioni, è un messaggio. Leggere il messaggio richiede intelligenza emotiva – o “EQ” ovvero saper usare attentamente i dati delle nostre emozioni per prendere decisioni migliori.

Le persone spesso parlano della paura come di una “sensazione brutta” o di “emozione negativa” – o addirittura di debolezza. Di fatto la paura è uno stato emotivo sano e utile per proteggerci. Ci aiuta a valutare i rischi. Uno dei modi più potenti di usare l’intelligenza emotiva è considerare che tutte le emozioni sono utili. Quando osservate persone provare stati d’animo intensi, ditevi: “È interessante – stanno sentendo qualcosa di importante” e poi lavorate per comprenderli.

Quando siamo nel processo di cambiamento è incredibilmente utile sintonizzarsi sulla paura, perché fornisce indizi sul modo in cui noi (e altri) percepiamo la situazione.

Parola chiave: Percepire. La paura non è rivolta ai fatti concreti. Concerne il modo in cui li vediamo. Come percepisci il cambiamento in corso? Come lo percepiscono gli altri? Troppo spesso cerchiamo di razionalizzare o spiegarci le paure, ma così non funziona. TRATTA LA PAURA PER COME ESSA E’, anche se  ne consideri illogiche le ragioni.

Comprendi e usa la paura con intelligenza e il cambiamento funziona.

Non farlo e il cambiamento fallisce.

La paura è la chiave per cambiare.

I diversi messaggi della paura

Il motivo per cui abbiamo paura è proteggerci dal pericolo. La paura serve da avvertimento: qualcosa a cui teniamo è a rischio. Spesso però non ci rendiamo bene conto di cosa ci interessi (esattamente) e quale rischio percepiamo (esattamente). Così la paura si trasforma in ansia, una sensazione di stress generalizzato, per cui diventa quasi impossibile individuare qual è la situazione potenzialmente critica.

Viceversa, quando riusciamo a identificare l’origine della paura, raggiungiamo l’insight. Arriviamo a capire esattamente cosa percepiamo come minaccia e perché. Queste non sono domande a cui possiamo rispondere ad un livello razionale e, se ci proviamo, siamo destinati a perdere la vera intuizione. La paura è un’esperienza di PERCEZIONE, è una saggezza più antica e potente della logica (anche se a volte meno precisa).

In un processo di cambiamento, ci sono molti motivi plausibili per aver paura. Funzionerà? Arriveranno le persone? Perderò la mia posizione attuale? Sarò escluso? Sarò incolpato? Ci sono miliardi di possibili situazioni spiacevoli, ma ognuno di noi le percepirà in modo diverso e si preoccuperà di cose diverse. Piuttosto che andare per logica, è ascoltando la paura che possiamo comprendere in anticipo i potenziali rischi e pianificare azioni per affrontarli. Per esempio:

  • Paura dell’ignoto: il messaggio è quello di identificare più opzioni su ciò che potrebbe successivamente accadere.
  • Paura che il gruppo non lavori bene: il messaggio è quello di chiarire chi resta a bordo e ricreare il collante.
  • Paura che le persone reagiscano in modo negativo: il messaggio è quello di pensare ad una comunicazione il più possibile empatica e di sostegno.

Piuttosto che smorzare la paura, riconoscila in quanto emozione “opportuna” e necessaria nel processo di cambiamento, e ascoltala. Ascoltandola, raggiungi quella consapevolezza da cui è possibile partire per pianificare le fasi successive del cambiamento in modo più chiaro.

Dalla paura all’azione

In un certo senso, la paura è il modo del tuo cervello di chiederti: “Sei sicuro?” Nel libro “Al cuore della leadership”, ho descritto la sensazione di trovarsi in cima a una pista da sci molto ripida, dove guardi in basso e pensi se lanciarti. A seconda della tua esperienza vissuta, delle capacità apprese e di come ti senti quel giorno, potresti avere poca o molta paura. Ma una volta che salti e inizi a sciare vivi l’emozione, altrimenti cadi sequestrato dal panico. L’attimo della paura è il porsi la domanda: vuoi davvero farlo?

Rosa Parks, la donna afroamericana che notoriamente rifiutò di spostarsi sul retro del bus durante il periodo della segregazione, disse:

“Ho imparato negli anni che prendere una decisione riduce la paura; sapere che cosa si deve fare la elimina”.

Convinzione e chiarezza inviano un messaggio alla paura: “Grazie per la tua preoccupazione, ma sì, sono DAVVERO sicuro, quindi non ho bisogno di te adesso.” Naturalmente, ci sono molte volte in cui NON siamo così sicuri, la nostra mente NON è così decisa, perché il sentiero da percorrere non è chiaro. Il trucco quindi non è cercare di superare la paura o “fingere fino a farcela.” Dentro di te SAI che è una bugia, è solo ginnastica mentale che richiede uno sforzo eccessivo. Prova a fare  questo invece: Viaggia nel tempo.

Uno degli affascinanti poteri dell’immaginazione umana è la capacità di uscire dal presente e porsi la domanda: “Cosa potrebbe accadere se intraprendo questa strada?” L’immaginazione ci dà la capacità di cambiare prospettiva per osservare gli eventi da un’angolazione diversa. Di fatto, tutte le nostre emozioni già lo fanno; la paura ci dice semplicemente: “considera questa situazione alla luce del rischio”.  Così facendo, cogliamo dei particolari delle nostre storie, che con il “cambio di prospettiva” (guardando da un punto di vista diverso), si arricchiscono di nuove e diverse sfumature.

È importante ricordare anche che, soprattutto in situazioni stressanti, tendiamo a cercare negli altri gli indizi su come rispondere. Un affascinante articolo dell’American Scientist sulle neuroscienze della paura, riporta che osserviamo il comportamento degli altri per aiutarci a capire cosa fare nelle varie situazioni e che la paura è contagiosa. Quindi, in particolare per i leader, è importante riconoscerla, ascoltarla e procedere con determinazione e attenzione.

La paura è preziosa e bisogna ascoltarla, ma non dobbiamo far si che ci paralizzi. La paura può essere un’amica utile, ma anche un capo terribile. Ascoltala come fosse un consulente che ti aiuta a fare valutazioni, ma non lasciarle il comando.

Nessuna emozione è un monolite.

La paura può sembrare insormontabile ma da sola non funziona.

“Cos’altro stai provando?”

Entrambi. L’uno e l’altro.

Con la pressione del fare o quando abbiamo paura della paura, cadiamo a volte nella trappola del pensiero dualistico: o avrò paura o sarò coraggioso. Riflettendoci bene, ciò non ha senso perché abbiamo coraggio solo quando abbiamo anche paura, e quindi… c’è dell’altro?

Piuttosto che nella cornice dualistica “buono/cattivo”, l’enorme potere sta nell’abbracciare entrambi i sentimenti ed unirli con la congiunzione “e”. Possiamo essere quindi sia spaventati che coraggiosi, sia determinati che cauti, sia speranzosi che preoccupati.

Un passo semplice ma forte è quello di chiedere a noi stessi e chiederci l’un l’altro: cos’altro sto/stiamo provando? Qui a destra c’è un piccolo video che spiega proprio questo.

 

A volte lo si fa anche se spaventati

Nella nostra diretta streaming riguardo a come gestire il periodo attuale (tra incertezza causata dal covid e rivolte antirazziste), la principessa Ayer Smith ha concluso la sua profonda riflessione con una formulazione importante: “A volte lo si fa anche se spaventati” (qui gli ultimi minuti “imperdibili” del video).

Tale cornice teorica è trasformativa, poiché riconosce molte verità importanti:

  • Essere in grado di avere paura significa che ci preoccupiamo, e questa è una benedizione.
  • Avere una scelta è un dono.
  • Avere il libero arbitrio, vedere che possiamo comunque fare un passo avanti, è una forza che dura ben oltre un momento.

Dopo tutto, non è proprio nell’incedere spaventati e nei momenti di voce tremante, che abbiamo più possibilità di imparare e crescere?

La spiegazione fondamentale è che la paura ha un senso. Una paura intensa ci dice che stiamo percependo grandi minacce e grandi opportunità. Il cambiamento è un punto di svolta: le possibilità sono qui, ora, stanno accadendo. E quando abbiamo davvero paura, forse è proprio allora che siamo più coscienti del mondo com’è, e come può diventare.