Il coaching nei processi di de-escalation: 3 strategie di Intelligenza Emotiva per ridurre la tensione e facilitare il confronto 🌱
Una delle competenze fondamentali del modello di Intelligenza Emotiva di Six Seconds è Navigare le Emozioni: la capacità di entrare in relazione in modo proattivo con ciò che si prova. È l’antidoto alla volatilità.
Secondo un’indagine globale condotta su un campione casuale di centinaia di migliaia di persone in oltre 140 paesi, questa competenza è in calo a livello mondiale.
In media, oggi facciamo più fatica a gestire le emozioni difficili. Tendiamo ad attivarci in modo reattivo con maggiore rapidità. Questo vale per noi coach, ma anche per le persone che accompagniamo: il rischio di entrare in una dinamica di escalation emotiva è più alto.
Il Ciclo di Reazione aiuta a chiarire questa dinamica e offre a coach e coachee strumenti per interrompere il ciclo e ristabilire un equilibrio.

The Neuroscience of Reactivity: “connessione mente-corpo”
Pioniere negli studi sulla connessione mente-corpo, il Dr. Herbert Benson è stato uno dei primi sostenitori dell’importanza delle emozioni per il benessere psicofisico. Ha studiato gli effetti dello stress sul sistema cardiovascolare e ha fondato il Mind/Body Medical Institute presso la Harvard Medical School.
Benson ha descritto due stati principali:
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La risposta da stress, un processo che si intensifica progressivamente e che ci porta a livelli crescenti di attivazione e tensione.
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La risposta da rilassamento, un percorso che favorisce la calma e riduce l’intensità emotiva.
Questi stati sono accompagnati da cambiamenti fisiologici misurabili, come i livelli di cortisolo, la frequenza e la regolarità cardiaca, la circolazione sanguigna e, nei casi estremi, l’insorgenza di eventi cardiaci.
The Reaction Roadmap: uno strumento di coaching per la de-escalation

Set Up: Prevenzione
È facile accorgersi di essere “in reazione” solo dopo aver attraversato più volte il ciclo, quando ormai siamo nel pieno di un momento di rottura emotiva. Ma cosa succederebbe se potessimo riconoscerlo prima, e aiutare anche i nostri coachee a farlo?
La fase di “prevenzione” è quella in cui cerchiamo di evitare le condizioni che aumentano la probabilità di una reazione di stress. Per esempio: dormire poco, alimentarsi male, avere routine o relazioni poco sane, passare troppo tempo su social o notizie negative. La risposta ovvia sarebbe: non farlo. Se solo fosse così semplice!
L’opportunità in questa fase sta nella consapevolezza. Possiamo diventare più bravi e brave a notare quei segnali sottili che indicano che ci stiamo predisponendo a reagire? Questi segnali possono essere emotivi, fisici, mentali o di altro tipo, come per esempio:
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Fisici: respiro affannoso
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Emotivi: impazienza di fronte a piccoli ostacoli
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Mentali: rimuginare eccessivamente su un problema relativamente piccolo
Quando miglioriamo la capacità di cogliere questi segnali in anticipo, diventa più semplice uscire dalla fase di predisposizione e affrontare lo stress in arrivo con maggiore equilibrio. Questo è l’ideale, perché ci permette di evitare l’intero disordine del ciclo di reazione.
Nel coaching, una volta stabilito con il coachee l’obiettivo di esplorare la sua reazione allo stress, puoi chiedere se vuole provare a creare una linea temporale di minuti, ore o giorni che hanno preceduto la reazione.
Invita a usare l’immaginazione per tornare indietro nel tempo e farti raccontare cosa provava in quei momenti: quali emozioni, sensazioni fisiche, pensieri aveva prima della reazione?
E qualche ora prima?
E ancora prima?
Poi, esplorate insieme: nella tua linea temporale, quali segnali hai notato che indicavano la predisposizione a quella reazione? Come potresti usare quei segnali come campanelli d’allarme per agire diversamente la prossima volta?

Interpretazione: Pausa
La fase di interpretazione del processo è spesso molto rapida: il cervello impiega appena un quarto di secondo per iniziare a interpretare uno stimolo come una minaccia, e un altro quarto di secondo perché il corpo avvii la cascata di reazioni che chiamiamo risposta allo stress.
Data questa velocità, intervenire in quel preciso istante è difficile. Tuttavia, possiamo prepararci e allenarci. Come coach, probabilmente lo fai già con i coachee: si tratta di prendersi una pausa e considerare interpretazioni alternative.
Dopo aver concordato di esplorare questa reazione, la prima e più difficile parte è chiarire l’interpretazione originale. Puoi cominciare con una panoramica, per esempio: «Dal momento che hai detto che vuoi approfondire questa reazione, potrebbe essere utile analizzare passo dopo passo cosa è successo?»
Durante la spiegazione di quanto accaduto, è probabile che il coachee usi frasi che indicano un’interpretazione della situazione, come «Sapevo», «Sembrava che» o «Si capiva che…». Per esempio: «Quando ha detto che non stavo facendo un buon lavoro, sapevo che era davvero arrabbiata con me.»
Nota questa interpretazione e chiedi chiarimenti cercando di mettere in risalto come è arrivata o arrivato a quella considerazione e se c’erano delle proprie supposizioni a supporto di quella idea.
Ricorda che il coachee può avere perfettamente ragione nella sua interpretazione, ma resta comunque tale.
Se riesce a riconoscere che stava interpretando la situazione, puoi passare alla fase successiva, quella di esplorare scenari alternativi.
Infine, si passa alla sperimentazione: «C’è una di questi scenari alternativi che vorresti provare la prossima volta?» Se sì, «Ti va di esercitarti subito?». Se la risposta è affermativa, invita il coachee a immaginarsi in una situazione simile e a raccontare come cambierebbe la sua interpretazione.

Escalation: De-escalation
Se continuiamo nel ciclo di reazione, tendiamo ad amplificare la risposta iniziale. Anche se a volte questo avviene in modo consapevole, di solito accade in modo automatico e inconscio. Il nostro corpo produce quantità sempre maggiori di un particolare neuroormone, che a sua volta segnala ad altre cellule di moltiplicare l’effetto, generando una cascata di escalation neurobiologica.
Ricorda che ciascuna di queste sostanze chimiche emozionali ha una durata di circa sei secondi… quindi, se riusciamo a intervenire efficacemente, possiamo interrompere questa cascata e creare uno spazio per uscire dal ciclo.
Nel coaching, puoi aiutare il coachee a esercitarsi in questa capacità di intervenire tempestivamente. Invitalo a pianificare in anticipo come intende attivare il pensiero più riflessivo in quei momenti critici. Può poi allenarsi evocando una leggera reazione di stress, ad esempio richiamando alla mente un episodio, e provando a mettere in pratica questo intervento. Come per ogni nuova abilità, ci vuole tempo per renderla automatica e fluida, quindi è più efficace esercitarsi su reazioni di entità contenuta piuttosto che attendere situazioni più complesse e caotiche.
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