Quali possono essere gli effetti combinati delle emozioni e del potere negoziale all’interno dello scenario della negoziazione?

Questo articolo si focalizza sugli effetti combinati delle emozioni e del potere negoziale all’interno dello scenario della negoziazione, argomento che chiamerò “Strategia delle emozioni” ossia quali possano essere le difese capaci di contrastare gli effetti delle emozioni in tale ambiente. Apriamo la nostra riflessione con una domanda: qual è il modo migliore, per la gente, di gestire i propri conflitti?

Una negoziazione equilibrata e che possa essere definita di successo, dovrebbe lasciare entrambe le parti soddisfatte del risultato raggiunto. Secondo il modello del Negoziato per Principi, sviluppato da Roger Fisher e William Ury all’interno dell’Harvard Negotiation Project, esiste oltre ai modelli di negoziazione “duro” o “morbido” un terzo stile negoziale chiamato appunto “Negoziato per Principi”.

Tale modello è di estremo interesse per gli argomenti relativi all’intelligenza emotiva, in quanto concentra la sua attenzione su alcuni elementi fondamentali quali:

  • scindere le persone dal problema
  • concentrarsi sugli interessi comuni, non sulle posizioni
  • generare una gamma di possibilità prima di decidere cosa fare
  • insistere affinché i risultati si basino su misure oggettive.
  • Appare evidente quindi come la gestione delle emozioni possa influenzare profondamente tali elementi. La predisposizione ad un stato emotivo particolare (aggressività, collera, paura, felicità) potrebbe essere non ottimale per il raggiungimento degli obiettivi. Frequentemente di fronte ad una gestione del conflitto e quindi di fronte ad una negoziazione ci troviamo a dover decidere sulla linea del nostro comportamento.

    In relazione al nostro stato emotivo prevalente solitamente le persone “amichevoli” tenderanno a fare concessioni al fine di raggiungere rapidamente ad un accordo (saranno quindi negoziatori “morbidi), mentre colui che si trova in uno stato emotivo “aggressivo” tende a vedere tale situazione come una opportunità per scontrasi con l’altro (assumendo quindi la posizione di negoziatore “duro”) Questi gli stili negoziali associano entrambi dei vantaggi e degli svantaggi.

    Dal punto di vista degli obiettivi, l’atteggiamento aggressivo sembrerebbe rispondere meglio alle esigenze, tuttavia lascerebbe la parte amichevole spesso sfruttata ed insoddisfatta. Non creerebbe quindi un accordo di “lungo termine”. Tale scenario, nel caso di una nuova negoziazione tra le parti, produrrebbe sicuramente dei nuovi stati emotivi che comunque non favorirebbero un possibile nuovo accordo. Recenti ricerche hanno comunque mostrato che i negoziatori concedono molto di più ai loro oppositori “arrabbiati o duri” piuttosto che a quelli “felici o morbidi”. In modo specifico si osserva che il negoziatore con basso potere d’influenza emozionale è fortemente sottoposto alle “pressioni” emozionali dell’opponente. Una ampia casistica di studi, basata su esperimenti, simulazioni di campo e case history, confermano questa ipotesi.

    Le ricerche indicano in particolare che il potere dell’influenza degli stati emotivi, propri e dell’opponente, facilitano la negoziazione. Occorre integrare quindi, in quella che io chiamo “strategia delle emozioni”, gli aspetti puramente tecnici della negoziazione con gli aspetti di relazione emozionale. Questo modello di relazione emotiva si realizza quindi con uno studio specifico della conoscenza e della gestione delle emozioni. Sottolinea quindi non solo la necessità di una preparazione specifica sui temi negoziali, ma soprattutto della necessità di una preparazione sulla gestione degli stati d’animo.

    Rappresenta quindi una nuova frontiera al di la della quale esplorare il mondo delle emozioni umane e dell’intelligenza ad essa associata.

    Alessandro Almonti